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Cava di Piperno in località Masseria del Monte in Pianura

Autore: Redazione Campanialive.it
02/10/2012 (letto 9838 volte)

Le Rocce lapidee dei Campi Flegrei Il patrimonio costruito dei Campi Flegrei di epoca greca e romana

 

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Le Rocce lapidee dei Campi Flegrei
Il patrimonio costruito dei Campi Flegrei di epoca greca e romana è stato realizzato principalmente con rocce lapidee che affioravano sia nella caldera flegrea sia nelle aree immediatamente circostanti. Le pavimentazioni stradali furono realizzate con basoli lavici di colore grigio (l' Arco Felice Vecchio e la Via Sacra per Cuma). Altre arterie di collegamento utilizzate a fini commerciali e militari (La Grotta di Pozzuoli, la Grotta di Seiano, il Viadotto Cocceio) furono scavati dai romani nel Tufo Giallo Napoletano e nei Tufi Gialli affioranti nella caldera flegrea. L'impiego del Tufo Grigio Campano, roccia che si degrada rapidamente per alterazione agli agenti esterni, fu, sia da parte dei Greci prima che dai Romani dopo, alquanto limitato. Uno dei principali motivi che spinsero le popolazioni a cavare nel sottosuolo sta nel fatto che queste rocce sono facilmente scavabili e soprattutto mostrano caratteristiche di facile lavorabilità. Inoltre la necessità di reperire nel sottosuolo materiale da costruzione fu imposta dal sempre crescente sviluppo urbanistico della città.

Altra motivazione che giustifica la presenza di un sistema caveale nel sottosuolo di Napoli è che questa città, impostata unicamente su terreni
vulcanici, mancava di una risorsa naturale fondamentale: l'acqua, ad eccezione delle acque del fiume Sebeto. Per questo motivo fu indispensabile realizzare nel tempo l'acquedotto Claudio (I sec. d.C.) e quello del Carmignano (XVII sec.). In particolare l'acquedotto Claudio portava le acque del Serino, attraverso una rete (lunga circa 90 chilometri) di cunicoli sotterranei realizzati nella roccia tufacea dove l'acqua scorreva, raccogliendosi di volta in volta in cisterne, fino terminare il suo percorso nella Piscina Mirabilis di Bacoli.

La maggior parte di queste opere d'arte in ambiente sotterraneo è stata realizzata cavando la formazione del Tufo Giallo Napoletano che, con
spessori anche superiori al centinaio di metri, costituisce l'ossatura della città di Napoli. Pertanto tutto il sistema caveale noto e rilevato dall'Ufficio
Sicurezza Geologica e Sottosuolo del Comune di Napoli, si estende per la quasi totalità in questa formazione vulcanica.

Nei Campi Flegrei è diffusa un'altra formazione vulcanica, molto più antica del Tufo Giallo Napoletano, che ha prodotto una roccia unica al mondo nel suo genere: il Piperno di Soccavo e Pianura.
La storia urbanistica di Soccavo e Pianura, attuali municipalità situate ai piedi della Collina dei Camaldoli, è legata al concetto di Casale quale iniziale agglomerato di abitazioni rurali (De Seta, 1984). La loro localizzazione era lungo la via Puteoli-Neapolis per colles, in seguito via Antiniana. Nella Carta del Duca di Noja del 1775 sono riportati i primi stadi dei Casali di Soccavo e Pianura che rimarranno socialmente e culturalmente autonomi fino al 1926-27 quando furono annessi, in seguito alla riforma urbanistica, alla città di Napoli.

Nella loro vita autonoma questi due casali erano noti, oltre che per la loro economia prevalentemente agricola, soprattutto per aver dato vita alla figura dei mastri pipernieri che dettero un grosso impulso all' attività estrattiva, alla fine del XV sec., quando fu rifatta la nuova cinta muraria della città di Napoli. L'inizio della coltivazione del Piperno a Pianura si fa risalire al 1250, tempo in cui forse iniziarono a determinarsi le condizioni di uno stabile insediamento urbano legato all'attività estrattiva del Piperno (Calcaterra et al., 2003). L'attività estrattiva nella cava di Pianura è terminata nel secondo dopoguerra. Il Piperno ha svolto un ruolo di assoluta preminenza come pietra da costruzione e ornamentale nell'architettura della città di Napoli.



Duca di Noja (1775) Casale di Pianura
Lo si osserva ad ogni angolo della città antica, nei chiostri delle più belle chiese e sulle facciate degli antichi palazzi. Questa roccia assume una tessitura molto particolare caratterizzata dalla isorientazione di concentrazioni lenticolari grigio-scure, dette fiamme, di variabile lunghezza e spessore immerse in una matrice grigio-chiara. A differenza del Tufo Giallo Napoletano, il Piperno è una roccia molto litificata e pertanto di non facile estraibilità, se non attraverso la separazione in sotterraneo di grossi blocchi che venivano successivamente lavorati, probabilmente all'aperto. Per la sua consistenza lapidea e la resistenza all'usura degli agenti atmosferici è una roccia che è stata usata come rivestimento di costruzioni (Maschio Angioino, Ingresso Parco Virgiliano e chiesa del Gesù Nuovo) e per la realizzazione di portali di palazzi del centro storico (il chiostro di S.Marcellino, il Cortile delle Statue dell'Università Federico II).

Attualmente si può osservare che le lastre di Piperno che rivestono gli edifici del centro storico siano, per forma e dimensione delle fiamme, completamente differenti pur provenendo dalle stesse cave di Soccavo e Pianura. L'andamento estremamente digitato della cava di Piperno di Masseria del Monte a Pianura è anche conseguenza della presenza di differenti tipologie di Piperno all'interno della stessa cava; ciò quasi ad indicare che i maestri pipernieri, a seconda delle richieste, seguivano filoni che avevano andamenti litologici omogenei per tessitura ma differenziati nello spazio e nello spessore della cava (Albertini et al., 1994). Queste variazioni sono legate alla genesi di questa formazione vulcanica a carattere esplosivo.


http://sit.regione.campania.it/cavitapianura/luogo.html

 

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