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Amministratori “senza radici” e distruzione delle spiagge della Campania
Autore: Prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II
04/07/2009 (letto 8988 volte)
La Campania oltre ai beni culturali e archeologici ha anche un grande patrimonio di risorse naturali ed ambientali autoctone di grandissimo e strategico valore socio-economico quali...
La Campania oltre ai beni culturali e archeologici ha anche un grande patrimonio di risorse naturali ed ambientali autoctone di grandissimo e strategico valore socio-economico quali, ad esempio, le spiagge, i suoli coltivabili, l’acqua superficiale e sotterranea. Tali risorse che la regione possiede e sono a disposizione di tutti i cittadini rappresentano un insostituibile bene comune che chiede solo di essere tutelato e valorizzato, restaurato dove l’uomo e l’evoluzione naturale l’hanno modificato e deteriorato, in modo da conservare e migliorare un patrimonio in grado di assicurare un assetto socio-economico e uno sviluppo sostenibile e duraturo anche per le generazioni future.
Tale semplice considerazione prevede che gli amministratori non perdano le radici con il territorio e si preoccupino dei cittadini, della loro salute e del loro benessere ergendosi a difensori delle risorse senza le quali il territorio perde la propria identità e le fonti di sostentamento primarie. Suolo, acqua e aria non si possono inquinare per favorire “affari” che avvantaggino le lobbies parassitarie che sfruttano il territorio regionale come sanguisughe vetero-colonialiste come sta ancora accdendo con lo scandalo rifiuti. Prendiamo in esame le spiagge della Campania, che hanno finora contribuito in maniera sostanziale all’economia regionale, che da almeno 50 anni stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico. Deve essere ben chiaro che per la prima volta, negli ultimi 1000 anni, l’uomo si trova ad affrontare un serio problema generale con un consistente impatto negativo sull’ambiente e sull’economia: quello dell’erosione e distruzione delle spiagge.
La costruzione dei litorali regionali è avvenuta durante l’ultimo periodo freddo-umido plurisecolare, cioè durante la Piccola Età Glaciale tra il 1500 e la fine del 1800. A partire dall’inizio del 1900 l’alimentazione naturale di sedimenti è stata progressivamente sempre più scarsa e le spiagge hanno iniziato a “dimagrire” specialmente in corrispondenza delle foci dei fiumi dove si riscontrano i fenomeni erosivi più gravi che spesso hanno provocato la distruzione di oltre 1000 metri di spiaggia negli ultimi 100 anni. In relazione alla variazione climatica, che con ciclicità millenaria sta determinando una diminuzione delle piogge, si prevede che l’erosione delle spiagge durerà ancora almeno 100-150 anni. A tale problema generale si aggiunge quello dell’inquinamento antropico delle acque costiere, problema che doveva essere risolto da oltre 30 anni con l’attuazione del disinquinamento del Golfo grazie ai finanziamenti pubblici innescati dalla crisi di colera del 1973.
L’importanza economica delle spiagge è aumentata soprattutto negli ultimi 50 anni in concomitanza con l’aggravamento dell’erosione. Oggi si deve parlare di una vera e propria industria delle spiagge italiane, con fatturato di circa 13 miliardi di Euro l’anno, circa l’1% del Pil italiano (dati Nomisma, 2005). Il fatturato per mq varia da alcune decine di Euro ad oltre 1000 Euro. Si calcola che ogni metro quadrato di arenile recuperato produca un reddito generale per la collettivita’ di 1200 euro mentre per ogni euro speso per il restauro delle spiagge si avrebbe un ritorno di 50-100 euro nei primi 3-5 anni. Attualmente si assiste alla distruzione di una insostituibile risorsa ambientale e socio-economica autoctona (la spiaggia) proprio mentre è massima la domanda di fruizione di un litorale con acqua marina “pulita”.
Ogni anno l’ARPAC diffonde le informazioni circa la balneabilità costiera regionale. Riferendoci ai dati del 2008 emerge quanto segue. Il litorale della Provincia di Caserta è di 44,888 km; 14,479 km sono balneabili; 29,613 km non sono balneabili per inquinamento; 0,796 km non sono balneabili perché area portuale. Il litorale della Provincia di Napoli è di 245,513 km; 184,753 km sono balneabili; 36,795 km non sono balneabili per inquinamento; 23,965 non sono balneabili perché aree portuali. Il litorale della Provincia di Salerno è di 222,039 km; 199,701km sono balneabili; 14,805 km non sono balneabili per inquinamento; 7,533 non sono balneabili perché aree portuali.
Le coste della Campania, in totale, sono lunghe 512,440 km di cui 166,5 km sono rappresentati da spiagge;
81,213 km di costa non è balneabile per inquinamento (nel 2008).
Non sono balneabili per inquinamento circa 60 km di spiagge pari a circa il 36% delle spiagge campane.
E’ interessante notare che la Campania non ha disponibile per inquinamento costiero un tratto di litorale di 81,213 km (60 km di spiagge e circa 21 km di costa alta) pari a circa l’80% di quello dell’Emilia Romagna.
Le spiagge della Campania possono essere distinte in Grandi spiagge con le seguenti caratteristiche.
Litorale del Garigliano-Volturno lungo circa 55 km di cui circa 38 km non sono balneabili, circa 17 km sono balneabili, 54 km sono interessati da erosione irreversibile e 1 km da rinascimento a monte del Porto di San Bartolomeo (Pineta Mare). Il litorale del F. Sarno è lungo circa 6 km completamente non balneabili e il erosione irreversibile. Il litorale del F. Sele è lungo circa 41 km di cui circa 10 km non sono balneabili, circa 31 km sono balneabili e 41 km sono in erosione irreversibile. Il litorale del F. Alento è lungo 5 km completamente in erosione irreversibile di cui circa 1 km non è balneabile, circa 4 km sono balneabili. Il litorale di località Saline (Caprioli-Palinuro) è lungo circa 4 km e tutto in erosione irreversibile e completamente balneabile. Il litorale dei fiumi Lambro-Mingardo-Cala del Cefalo è lungo circa 5 km completamente balneabili e in erosione irreversibile. Il litorale del Golfo di Policastro è lungo circa 10 km, circa 1 km non è balneabile, 9,700 km sono interessati da erosione irreversibile e 0,300 km a monte del Porto di policastro sono in ripascimento. In totale le grandi spiagge sono 126 km circa, circa 55 km non balneabili per inquinamento, circa 124,7 km in erosione irreversibile.
Le Piccole Spiagge (Pocket beach) sono quelle di maggiore pregio ambientale e socio-economico, veri e propri monumenti naturali e sono così caratterizzabili. Procida ha circa 3 km di spiagge completamente balneabili e in erosione irreversibile ed accentuata. Ischia ha circa 7 km di spiagge completamente in erosione di cui 6,7 km balneabili, 0,3 km non balneabili. Capri ha 0,5 km di spiagge balneabili ed in erosione. La Costa dei Campi Flegrei ha 6 km di spiagge balneabili e in erosione. La Costa Vesuviana ha circa 3 km di spiagge non balneabili per inquinamento e in erosione. La Penisola sorrentino-amalfitana ha complessivamente circa 6 km di spiagge in erosione di cui 5,5 km sono balneabili e 0,5 km non sono balneabili. La Costa del Cilento ha complessivamente 15 km di spiagge balneabili e in grave erosione irreversibile. In totale le piccole spiagge sono lunghe 40,5 km circa, tutte in grave erosione irreversibile e balneabili. In sintesi la Campania ha 166,5 km circa di spiagge di cui 165,2 km sono interessati da erosione irreversibile e molto spesso grave. Proiettando l’evoluzione finora ricostruita si prevede che entro 10 anni l’erosione renderà non balneabili circa 30 km di spiagge con una perdita irreversibile di almeno 300.00 metri quadrati si spiaggia.
Finora sono stati attuati alcuni interventi di difesa mal concepiti in quanto basati su vetuste conoscenze geoambientali e improntati ad una sorpassata ed inefficace, nei tempi medio-lunghi, difesa ad oltranza tipo “Linea Maginot” che era già inutile quando fu realizzata. Tali interventi molto costosi e attuati senza una preventiva e seria valutazione dell’impatto ambientale, durante i lavori e ad opere realizzate, hanno provocato seri dissesti al litorale come accaduto a Capitello nel Golfo di Policastro dove è stata danneggiata anche l’unica strada costiera che collega Scario con Sapri.
Nei progetti regionali si continua a proporre un irrealizzabile ripascimento artificiale con sabbia prelevata dai fondali marini che si è rivelato inattuabile (non c’è sabbia sufficiente per tutte le spiagge in erosione) e si identifica come “un intervento di nicchia” non duraturo e molto costoso ma molto buono per spendere soldi pubblici con la scusa dell’emergenza.
Si sottolinea che in questo quadro ambientale riveste un ruolo di primaria importanza l’individuazione delle vie di dispersione obliqua e concentrata della sabbia, ancora presente sulle spiagge, al fine di mitigare le perdite, specialmente nelle Pocket Beach.
E’ evidente che il restauro geoambientale delle spiagge mediante ripascimento duraturo assume notevole importanza economica e ambientale dal momento che in seguito all’ampliamento di 35 m di una spiaggia lunga 1 km si può ricavare da un minimo di un milione di euro a 2,8 milioni annui con un ampliamento di 45 metri. Dopo un anno dal ripascimento, i ricavi aumentano del 12-15 per cento per gli arenili medi e grandi e fino al 18% per le spiagge piu’ piccole (dati Nomisma, 2005).
Da molti anni, sulla scorta di ricerche pluridecennali, lo scrivente ha proposto progetti di intervento di restauro geoambientale duraturo e sostenibile dei litorali mediante ripascimento di sedimenti simili a quelli esistenti sulle spiagge ma di adeguata granulometria in modo da non essere rapidamente erosi.
L’esempio più evidente e documentato di ripascimento naturale e longevo è rappresentato dalla spiaggia di Vietri sul Mare (SA) che nell’ottobre 1954 fu interessata dall’accumulo di circa 300.000-400.000 metri cubi di detriti trasportati dalle colate di fango che devastarono i versanti del Torrente Bonea nella notte tra il 25 e 26 in coincidenza con una eccezionale evento piovoso (circa 350 mm in 6 ore tra le 20 del 25 ottobre e le 2 del 26 ottobre). I detriti (ghiaioso-sabbiosi) determinarono un istantaneo ripascimento che incrementò di oltre 100 metri la spiaggia che rappresenta tuttora la risorsa fisica che sostiene l’economia turistico-balneare di Vietri. Dal 1954 ad oggi la linea di riva ha subito un arretramento medio di circa 20 metri, come è agevolmente riscontrabile dal confronto delle carte topografiche, mappe catastali e foto aeree.
Da una ricerca diretta, mediante rilievi trentennali e confronto di foto aeree e carte varie, è emerso che le spiagge ghiaioso-sabbiose simili a quelle di Vietri sul Mare, della costiera Amalfitana e della costa tra Scario e Punta Infreschi nel Cilento, Maratea in Basilicata, Praia a Mare e Scalea in Calabria, sono le più stabili in quanto i sedimenti grossolani, più pesanti della sabbia, non vengono erosi e asportati obliquamente alla spiaggia dalle correnti indotte dalle forti mareggiate.
I sedimenti per restaurare le spiagge potrebbero essere ricavati dal restauro ambientale delle cave abbandonate in modo da ottenere i classici due piccioni con una fava: il restauro delle cave prima che vengano riempite di immondizia (come le cave di Terzigno) e il recupero di territorio pregiato di grande valenza ambientale e socio-economica. Si tenga presente che un metro quadrato di spiaggia lambita da acqua marina non inquinata è in grado di sostenere un fatturato annuo variabile da alcune centinaia di euro ad oltre 2000 euro, come verificato con le ricerche. Un idoneo e sostenibile restauro delle spiagge garantirebbe la sicurezza all’ambiente antropizzato e metterebbe a disposizione delle istituzioni pubbliche un nuovo territorio di elevato valore ambientale ed economico; gli interventi potrebbero essere realizzati con un trasparente ed originale rapporto pubblico-privato.
Naturalmente questa proposta, dal momento che la Campania è in gran parte commissariata di fatto e priva di una amministrazione degna di questo nome, viene lanciata ai cittadini e al prossimo governo della Regione poiché l’attuale ha dimostrato di non avere radici nel territorio governato (assessore all’Ambiente batti un colpo, quando ci sei e sveglio!). Gli interventi regionali hanno puntato a potenziare la portualità turistica lasciando nel degrado gran parte delle spiagge; in tal modo si privilegiano i cittadini ricchi che possono ormeggiare le imbarcazioni con le quali raggiungere le acque non inquinate lontano dalla costa. La maggior parte dei cittadini, invece, è costretta ad andare in altri lidi non inquinati fuori regione o a rischiare problemi seri di salute facendo i bagni “fuorilegge” in aree inquinate. E intanto, mentre ancora tiene banco lo scandalo rifiuti e gli enormi affari parassitari ad esso connessi basati sulla realizzazione di impianti in aree spesso non idonee ambientalmente come le discariche di Chiaiano e Terzigno realizzate in aree protette, quelle di Basso dell’Olmo a Campagna e di Macchia Soprana a Serre poco a monte del prelievo di circa 250 milioni di metri cubi annui di acqua per irrigare la pianura del Sele, l’inceneritore di Acerra in area agricola per di più già inquinata oltre i valori consentiti dalla legge, l’inceneritore da costruire a Santa Maria la Fossa nei pressi di Casal di Principe in mezzo alle aziende bufaline e alle coltivazioni di frutteti e ortaggi e quello di Napoli est che insieme alla centrale elettrica di Vigliena disperderà gli inquinanti sopra l’Ospedale del Mare, si perdono le parti più pregiate e autoctone dell’ambiente costiero con gravi ripercussioni sull’assetto socio-economico basato sul turismo delle spiagge.
Le figure sintetizzano i problemi descritti.
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