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Padre Francesco Denza

Autore: Redazione Campanialive.it
21/12/2013 (letto 3183 volte)

Era napoletano il pionere della meteorologia italiana. Padre Francesco Denza fu tra i primi a credere in questa magnifica scienza.

 

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DENZA, Francesco. - Meteorologo, nato a Napoli il 7 giugno 1834, morto a Roma il 14 dicembre 1894. Nel 1850 entrò nella congregazione dei barnabiti, e nel 1857 conseguì la laurea in fisica e matematica. Nel 1856 fondò l'osservatorio meteorologico di Moncalieri, che divenne poi l'osservatorio centrale della Società meteorologica italiana.
A lui si deve se la Specola vaticana, decaduta con la morte del Lilio, risorse e poté riprendere parte al lavoro della carta fotografica del cielo. Ne fu direttore dal 1890 fino alla morte. Godé una fama meritatamente europea, e scrisse molte monografie, quasi tutte di argomento meteorologico e magnetico, sparse in riviste ed atti accademici. Tradusse in italiano la Meteorologia di R. Scott (Milano 1887) e pubblicò un libriccino di divulgazione astronomica, dal titolo Armonie dei cieli, che ebbe tre edizioni.

Fu promotore della costituzione dell'antico Osservatorio Meteorologico di Montevergine il più antico osservatorio appenninico dell'Italia meridionale oggi ancora in funzione dal 1884.

La sua storia tratta da www.nimbus.it

Un brillante animo ottocentesco
Nessuna legge fisica, fenomeno atmosferico o formula statistica porta il suo nome, solo un austero strumento meccanico oggi relegato ai musei di storia della scienza. Eppure lui, Francesco Maria Denza dei padri barnabiti, due volte è padre. Padre per la Chiesa e Padre spirituale di tutta la meteorologia italiana. Giacché, se altri d'italica schiatta, quali un Torricelli, furono più noti nel mondo, il Denza è un vero animo dell'ottocento risorgimentale, tutto impegnato com'è a diffondere l'amore per la scienza dell'atmosfera in tutte le contrade di un Regno appena proclamato.



E' tutto riassunto in quelle tante frasi così efficaci, pervase di sincerità e immediatezza, forse un poco retoriche agli occhi del presente, in realtà appena piacevolmente stagionate nella forma da cent'anni d'evoluzione dello stile lessicale, ma vere e taglienti come non mai nella sostanza. Il 26 aprile 1891, nella Sala Baronale del Castello Medievale di Torino, in occasione del 25° anniversario della Società Meteorologica Italiana così lo studioso traeva le somme di una vita di lavoro: “L'Italia fu quella che diede alla meteorologia i primi e fondamentali istrumenti e che nei primi albori della scienza sperimentale additò le norme sicure e razionali per studiare l'atmosfera. (...) La nostra istituzione riuscì non solo a stabilire le prime e più alte vedette di meteorologia sulle elevate regioni delle Alpi ma fu pur essa che promosse ed accelerò il movimento meteorologico in altre contrade d'Italia ed in modo specialissimo in quelle del mezzodì, per la meteorologia affatto deserte” (BM S.2, 11(5), 1891).

La sua vita corre dietro all'estenuante e pesantissimo onere che è l'acquisizione di quei dati i quali, egli ne è conscio, serviranno a studiosi di un tempo futuro per trarne leggi e precetti: “noi prepareremo pei nostri posteri un materiale ben ordinato e prezioso per istabilire con ottimo fondamento il non facile edifizio della climatologia delle nostre regioni, al quale intendimento sono rivolti i nostri sforzi e tutti i nostri studi.” (BM 11(1), 1876).

Denza ammira profondamente la meteorologia, vive con passione l'evolversi dell'atmosfera, scruta attento nel fragore delle burrasche, gode commosso del rosseggiare di un tramonto alpino. La missione che si è attribuito è umile e al tempo stesso grandiosa, soprattutto in considerazione dei mezzi tecnici ed economici dell'epoca. Dalla scrivania di Moncalieri sono migliaia le lettere che di suo pugno indirizza ad autorità, collaboratori, amici, sempre suscitando nuove iniziative, sempre promuovendo la fondazione o il potenziamento di questo o quell'osservatorio. Ben sapendo che ogni rapporto umano dovrà essere coltivato con cura, che ogni attività dovrà essere seguita nel tempo: “non basta l'avere stabilita una buona vedetta di meteorologia; ma importa grandemente tenerla d'occhio, educarla e sorreggerla di continuo affinché possa produrre i desiderati frutti”, così nelle raccomandazioni proposte al Primo Congresso Internazionale di Meteorologia tenutosi a Vienna nel 1873. Ed è questo il suo grande merito: aver educato e sorretto una scienza giovane, aver posto le basi per lo sviluppo delle reti di osservazione anche in luoghi impervi o disagiati, aver diffuso i risultati anche e soprattutto fuori dell'accademia, dimostrando quanto possono sortire, unite, la ferrea volontà e l'ardente passione.

Si è detto del Denza come di un grande organizzatore, si direbbe oggi di un manager della scienza. L'oblio del tempo è talora spietato, le beffe della storia imprevedibili: tanto era forte e sano il virgulto, tanto oggi l'albero è cresciuto disordinatamente, la chioma troppo fitta, intricata. Sempre nuovi succhioni tolgono luce e linfa agli antichi rami interni, all'impalcato originario che dà equilibrio e funzionalità, che porta a maturazione i frutti. Ma il tronco è forte, le radici profonde. Una buona potatura sarebbe sufficiente a ridare vigore all'albero della meteorologia italiana. La linfa scorrerebbe meglio concentrandosi laddove veramente è utile. Siano di guida le parole di Colui che gettò il seme.

Maggiormente incline alle attività pratiche e osservative che alle speculazioni teoriche il Denza, che comunque disponeva di una solida cultura scientifica (e non solo di quella), era stato eletto membro in oltre cento accademie ed associazioni scientifiche italiane ed estere, tra le quali le Società Meteorologiche francese, tedesca, austriaca, inglese e scozzese, le Società Astronomiche tedesca e inglese. Dal 1892 fu presidente dell'Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Ad un secolo dalla scomparsa resta ineguagliato il contributo da egli fornito alla diffusione ed al progresso della meteorologia in Italia.

Stelle e nubi
Nato il 7 giugno 1834 a Napoli, a sedici anni già diplomato “ingegnere di ponti e strade”, entra nel Collegio barnabitico Sant'Agostino a Resina, dove prende i voti nel 1851. Dopo un biennio di studi di filosofia a Macerata, dal 1853 frequenta il Collegio San Carlo a Roma per il triennio di teologia. Qui conosce il celebre astronomo e meteorologo Angelo Secchi (1818-1878) che lo indirizza definitivamente verso gli studi geofisici. Sul finire del 1856 viene destinato al Collegio Carlo Alberto a Moncalieri, in Piemonte, quale insegnante di matematica e fisica; l'anno seguente si laurea con il massimo dei voti in fisica all'Università di Torino. A soli ventitre anni, concluso l'iter studentesco, Denza inizia quella che avrebbe potuto essere una tranquilla, seppure brillante, “carriera” di religioso-insegnante in un prestigioso collegio poco lontano da una piccola capitale. Le capacità e la determinazione lo porteranno ben oltre questo rassicurante orizzonte. “Ho intenzione di stabilire in questo collegio un piccolo osservatorio meteorologico” scrive all'amico e maestro Angelo Secchi l'1 agosto 1858, chiedendogli suggerimenti in merito, che puntualmente riceve in risposta.

Secchi è all'epoca un'autorità in materia: nel 1855 aveva inaugurato, primo in Europa, una corrispondenza telegrafica giornaliera di osservazioni meteorologiche tra Roma, Ancona e Ferrara (DENZA 1883). Nel 1859 l'Osservatorio di Moncalieri è completo e funzionante; Denza vi compie osservazioni biorarie dalle 6 alle 22 sebbene, ritenendo opportuno “sperimentare” per alcuni anni strumenti e metodi (esposizione dei termometri, orari di rilevamento...), egli stesso considererà nei suoi studi futuri quasi esclusivamente i dati pubblicati, a partire dal 1° dicembre 1865, sul suo “Bullettino”. Questo fatto, unito alla totale perdita dei registri dell'archivio dell'Osservatorio, anteriori al 1876, come dei quaderni di appunti del Denza, ci ha privati completamente delle osservazioni moncalieresi del periodo 1859-1863; mentre le medie decadali dal marzo 1864 sono state rintracciate sul “Giornale di agricoltura, industria e commercio” di L. Botter, e, dal marzo 1865, anche su “Meteorologia Italiana” della Direzione di Statistica del Ministero di Agricoltura.

Denza intende inoltre raccogliere e confrontare i dati provenienti delle altre stazioni del Piemonte e della Valle d'Aosta con quelli di Moncalieri, e, se necessario, fondare nuove stazioni. A tali fini egli dapprima contatta i Direttori delle altre stazioni già funzionanti in modo del tutto privato: Gatta ad Ivrea, Carrel ad Aosta, Parnisetti ad Alessandria, Craveri a Bra, Arcinetti a Pinerolo, Bruno a Mondovì, Dorna all'Osservatorio Reale di Torino e Faa di Bruno a Torino S. Donato, e in seguito inizia la pubblicazione del “Bullettino Meteorologico dell'Osservatorio del Real Collegio Carlo Alberto in Moncalieri con corrispondenza dell'osservatorio del Seminario di Alessandria”.

Bullettino 1865-66: anno primo, numero uno
Il primo numero esce il 31 gennaio 1866. Il mensile è modellato sul “Bollettino Meteorologico dell'Osservatorio del Collegio Romano”, che il Secchi pubblica dal 1862; come questo contiene articoli scientifici (meteorologia, astronomia, sismologia, magnetismo terrestre) sovente pubblicati a puntate, la cronaca del mese (la rubrica “Rivista meteorologica mensile”, durata fino al 1894, sarà quasi sempre redatta dal Denza), tabelle con i dati meteorologici (giornalieri per Moncalieri fino al 1896, mensili - e talora giornalieri - per le altre stazioni della rete).

Lo stesso Denza è autore di buona parte degli articoli, in particolare nelle prime cinque annate; solo dal 1880 li diraderà relativamente. Ecco alcuni argomenti da lui trattati: cronache, estese anche all'intera Europa, di eventi meteorologici particolari (Studi intorno all'inverno 1865-66 [1866]; Studi intorno alla burrasca dal 14 al 16 gennaio 1867 [1867]); climatologia (Studi sulla climatologia della Valle d'Aosta [1875]). Inoltre scrive di astronomia, specialmente sulle osservazioni delle stelle cadenti e delle aurore polari, sismologia, geomagnetismo.

Il suo interesse per l'astronomia lo porta nel 1870 a fondare con G.V. Schiaparelli - l'illustre astronomo a Brera - l'Associazione Italiana per le osservazioni delle meteore luminose. Intanto la notorietà del Denza è già tale che nel 1866 il governo del giovane Regno d'Italia, di recente attivatosi per istituire un servizio meteorologico nazionale (vedi riquadro), gli offre la direzione generale della meteorologia italiana, carica che egli declina poichè, trasferendosi a Firenze (di recente nuova capitale), avrebbe abbandonato il Collegio di Moncalieri.

In campo meteorologico la cooperazione voluta dal Denza prosegue su basi del tutto private: nel 1871 la rete comprende 16 osservatori tra Piemonte e Valle d'Aosta più Lodi e Piacenza, molti dei quali da lui stesso fondati. In quall'anno inizia la proficua collaborazione con il Club Alpino Italiano, subito festeggiata con l'inaugurazione, il 7 settembre 1871, dell'Osservatorio del Colle di Valdobbia (2480 m, tra Biellese e Val d'Aosta). Si ha finalmente l'opportunità di studiare il clima di alta montagna delle Alpi Occidentali (l'Osservatorio del Gran San Bernardo, sebbene funzionante sin dal 1817, era unico nel panorama alpino d'alta quota, mentre nelle Alpi Orientali veniva da poco attivato l'Osservatorio dello Stelvio, 2543 m) e va concretizzandosi così uno dei primi e più lungimiranti propositi del Denza: “...studiare con agio le modificazioni che le vicine catene delle Alpi arrecano alle grandi burrasche che dal nord e dal centro dell'Europa penetrano attraverso queste immense rocce nella nostra penisola, ed invadono più o meno furiosamente i nostri mari” (BM, I, 1, 1866).

Dalle Alpi alla Sicilia
La sua attività non conosce soste, e non si limita allo studio a tavolino: ricordiamo la salita al Monviso (3841 m), compiuta il 6 settembre 1870, solo nove anni dopo che W. Mathews ne aveva conquistato il vertice inviolato. Denza non dimentica i suoi strumenti portatili, che scherzosamente ama definire “cassetta degli impicci”, e sulla vetta misura pressione e temperatura per calcolarne la quota. Inoltre nel dicembre dello stesso anno è in Sicilia con il Secchi per osservare l'eclisse totale di sole, e compierne un esame spettroscopico della corona. Nel dicembre del 1871 “per rendere più pronta la diffusione delle osservazioni raccolte” (DENZA 1883) dà inizio alla pubblicazione del “Bollettino decadico”, durato fino al 1885, contenente dati e descrizioni del tempo verificatosi nelle stazioni. In effetti tale rapidità di elaborazione e pubblicazione di dati meteorologici costituisce un primato mai più uguagliato nel nostro Paese, neppure nell'odierna era della telematica.

Nel 1873 battezza con il nome di “Corrispondenza meteorologica italiana alpina-appennina” la sua rete, ora ricca di 28 stazioni e in espansione al ritmo medio di oltre una nuova adesione al mese. Nell'anno seguente essa si diffonde negli Appennini (Firenze, L'Aquila, Vesuvio), fino a giungere, nel 1878, in Sicilia e Sardegna. I membri della Corrispondenza collaborano anche con lo Stato, iniziando e coordinando diversi progetti governativi, come l'impianto di stazioni in alta montagna e l'organizzazione delle prime reti idrografiche regionali. Lo stesso Denza è uno dei nove membri del Consiglio Direttivo della Meteorologia Italiana, organo costituito dal Governo nel 1876 per coordinare l'intero servizio meteorologico nazionale (vedi riquadro); come tale, egli compie freequenti verifiche negli osservatori di tutta Italia e partecipa come delegato “ufficioso” (1) del governo al Congresso Meteorologico Internazionale di Parigi (24-28 agosto 1878), oltre che come direttore della Corrispondenza. A questo importante congresso il Denza viene eletto tra i quattro presidenti, insieme con il celebre Buys-Ballot, con Hoffmeyer e con Symons. Il riassunto dei lavori del Congresso sarà affidato dal Denza alle colonne del Bollettino Mensile. Nello stesso anno egli progetta e costruisce un nuovo anemografo, per ovviare ai difetti dell'anemografo Parnisetti-Brusotti allora in uso nelle stazioni italiane, a cui unisce un pluviografo a vaschetta basculante, pure di sua concezione. La descrizione e il disegno dell'“anemopluviografo Denza” (o “anemojetografo”) compaiono sul Bollettino Mensile 11/1878-3/1879. Lo strumento è ancora oggi custodito nella torre dell'Osservatorio del Collegio Carlo Alberto. Nel 1880 la Corrispondenza conta ormai 159 osservatori, e appare opportuno dare ad essa una configurazione societaria meglio rispondente alle dimensioni raggiunte.

Nasce (formalmente) la Società Meteorologica Italiana
Per iniziativa della Corrispondenza e del Club Alpino Italiano viene convocata a Torino dal 1° al 4 settembre 1880 la prima riunione dei membri stessi. I 144 intervenuti pongono le basi della costituenda Associazione Meteorologica Italiana, approvandone lo Statuto e il Regolamento. Tutto è pronto per l'effettiva costituzione che avviene alla Prima Assemblea Generale dell'Associazione, tenutasi a Napoli dal 25 settembre al 1° ottobre 1882. Scopo dell'Associazione è “di promuovere lo studio della meteorologia e delle scienze affini nel nostro paese, e di adoperarsi in ogni maniera nel diffondere e nel rendere popolare presso ogni ceto di persone la pratica utilità di tale studio...” (DENZA 1883). Al vertice vi sono un Comitato Direttivo composto da 6 membri più il Denza come Direttore Generale, e un Consiglio formato da 15 membri.

Osservatorio meteorologico centrale viene stabilito quello di Moncalieri, a cui fanno capo 186 osservatori completi (in cui si osservano cioè tutti i principali elementi del clima) più molte altre stazioni termopluviometriche o pluviometriche. I dati e le notizie raccolti vengono pubblicati sul Bollettino Mensuale, continuazione del Bullettino dell'Osservatorio di Moncalieri, in apposite tabelle che, dal 1883, andranno a costituire la “parte II” del periodico; mentre memorie, atti e articoli scientifici ne formano la “parte I”. Tra i contributi del Denza ricordiamo “Sulla variazione della temperatura secondo l'altezza” del 1883, con il confronto di un decennio di misure effettuare a Moncalieri e alla Sacra di S. Michele; e “Sulla inversione di temperatura nel gennaio 1887” (1887), nel quale ammonisce contro l'abuso delle formule matematiche nella determinazione del gradiente termico verticale, “le quali rispondono nella maniera con cui vengono interrogate, anzichè dare l'espressione genuina dei fatti naturali”. Un pregevole lavoro di Paolo Busin, “Le temperature in Italia”, esce nel 1889 sul Bullettino: è uno studio esemplare per cura ed attendibilità compiuto sui dati di 514 stazioni, che anticipa di 20 anni le monografie del Roster (Climatologia dell'Italia) e dell'Eredia (La temperatura in Italia).



Il Castello Medievale al Parco del Valentino in Torino: nella torre quadrata dimorò dal 1884 ai primi anni del '900 la sede della Società Meteorologica Italiana. Oggi solo una lapide marmorea ricorda i fondatori.


L'età d'oro della meteo
Gli anni '80 del secolo scorso rappresentano l'epoca d'oro della scienza meteorologica d'Italia. All'attività privata dell'Associazione (dal 1883 Società) Meteorologica Italiana, si affianca quella istituzionale dell'Ufficio Centrale di Meteorologia di Roma (Collegio Romano), dotato, quest'ultimo, di una rete meno capillare - un centinaio di stazioni -, di cui circa 70 prestate dalla S.M.I. L'Ufficio Centrale gode tuttavia di mezzi molto più consistenti e ogni anno pubblica tre volumi di Annali ricchi di memorie e dati meteorologici assai dettagliati (addirittura giornalieri nel periodo 1879-1885). La S.M.I. riesce, a partire dal 1882 e con la collaborazione delle Missioni Salesiane, ad impiantare osservatori meteorologici anche in Sud America, tra i quali Punta Arenas (1887), allora il più meridionale del globo.

Un altro indice dell'interesse suscitatosi intorno alla meteorologia è fornito dal sorgere, a Torino, Napoli e Padova, delle “reti meteorico-igieniche”. Volute dalla S.M.I. in collaborazione con le rispettive amministrazioni comunali, si trattava di reti di stazioni organizzate nelle singole città: 5 punti a Padova, 7 a Napoli (più altri 2 a Pozzuoli) e ben 16 a Torino. Il Denza prosegue nell'attività di insegnamento al Collegio moncalierese fino al 1890 e nel contempo dirige la S.M.I., presiedendone le Assemblee di Firenze (1885) e Venezia (1888). E' invitato a congressi internazionali (a Copenaghen nel 1882, a Biarritz nel 1886) e a innumerevoli conferenze; svolge una febbrile attività di ricerca, scrive indefessamente. Sempre limitandoci al settore meteorologico citiamo i suoi numerosi brevi articoli scientifici o resoconti di Assemblee apparsi nel Bollettino della S.M.I., in quello del C.A.I., negli Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino e altrove; la collaborazione con la Gazzetta Piemontese (oggi La Stampa), sulla quale, dal dicembre 1878 al gennaio 1887, firma quotidianamente il “Bollettino Meteorologico - Osservatorio di Moncalieri” (temperature minime e massime in Italia e all'estero, situazione europea e ...previsioni), nonché articoli riepilogativi; e ancora due opere maggiori: le fondamentali “Istruzioni per le osservazioni meteorologiche e per l'altimetria barometrica” e la traduzione italiana della “Meteorologia elementare” di Robert Scott. Sono tutti lavori destinati a professionisti come ad appassionati, poichè solo grazie all'opera di questi ultimi, come è ben consapevole il Denza, è possibile far progredire lo studio dell'atmosfera “la macchina più poderosa e la più sorprendente che abbia mai saputo produrre natura ed arte” (BASSI 1934).

Un primo insulto, ma la meta è Roma
Il 5 febbraio 1886, durante una conferenza presso la sede del C.A.I. di Torino, il Nostro viene colpito da ictus cerebrale che gli lascia paralizzata la parte destra del corpo. Con grande determinazione e serenità, come attestano le sue migliaia di lettere, riprenderà a lavorare scrivendo con la mano sinistra. E' costretto comunque a rallentare la propria attività ma dimostra ancora una volta le sue innate doti nella realizzazione dell'ultimo grande progetto: la rinascita della Specola Vaticana. Infatti, dopo aver promosso una mostra scientifica del clero all'Esposizione Vaticana del 1888, suggerisce al Pontefice Leone XIII di ricostituire la Specola. Quindi, al Congresso Astronomico di Parigi del 1889, ottiene che la nuova istituzione venga inclusa tra i 18 osservatori incaricati dell'esecuzione di una carta fotografica del cielo. Il Papa gratifica il Denza nominandolo Direttore della Specola e finanziando l'acquisto del telescopio rifrattore da 34 cm di diametro, tuttora in uso, come di numerosi altri strumenti per le osservazioni meteorologiche, magnetiche e sismiche. Nel settembre 1890 Denza deve pertanto trasferirsi a Roma, di certo lusingato dal nuovo incarico, ma intimamente addolorato per il distacco dall'amato Collegio di Moncalieri e dai suoi allievi, ai quali tornerà durante le estati successive per trascorrervi i periodi di riposo.

Solo quattro anni
Sotto la sua direzione la Specola Vaticana e le sue pubblicazioni riscuotono il plauso internazionale, ma il Denza vi potrà attendere solo per quattro anni. Un secondo ictus gli sarà infatti fatale: si spegne il 14 dicembre 1894 a Roma, nel suo piccolo alloggio presso l'Osservatorio. Alla Società Meteorologica Italiana, che gestisce ormai una rete di oltre 500 stazioni, la perdita del proprio direttore e fondatore appare subito insanabile, e dopo soli 17 giorni, il 31 dicembre 1894, il Segretario, Ottavio Zanotti-Bianco, annuncia lo scioglimento del sodalizio con un avviso pubblicato nel Bollettino Mensile, a sua volta considerato estinto. Fortunatamente alcuni soci impugnano la legalità di tale scioglimento convocando un'Assemblea per il 28 aprile 1895, nella quale si esprime il voto di voler proseguire l'opera del scienziato barnabita. Nuovo presidente viene eletto il conte Antonio Cittadella Vigodarzere.

E' il declino
Nonostante tale volontà quasi tutti gli osservatori della S.M.I. passano gradualmente alle dipendenze dell'Ufficio Centrale di Meteorologia di Roma, e le due reti di fatto si fondono. Sempre a causa della sopravvenuta scarsità di mezzi (e forse anche per la mancanza di una forte personalità a guida dell'impresa) il Bollettino Mensile inizia ad accumulare pesanti ritardi, i numeri vengono raggruppati (da 2 a 6 per volta) e di conseguenza il numero di pagine risulta più che dimezzato. Nel 1905 la pubblicazione viene sospesa e l'anno successivo riprende sotto la denominazione di Bollettino Bimensuale. Dal 1921 non appaiono più i quadri con i dati meteorologici, e si stabilisce di pubblicare solo lavori originali, recensioni e bibliografie meteorologiche. Il nuovo periodico prosegue fino al 1930 e, pur ospitando articoli di ottimo livello (vi scrive anche l'Eredia), la sua diffusione è ormai fortemente ridotta: lo testimonia l'estrema difficoltà che si incontra oggi nel reperimento delle annate successive al 1922, mancanti anche nelle biblioteche torinesi (probabilmente quella posseduta dalla biblioteca della Società Geografica Italiana a Roma è una delle poche collezioni complete esistenti). Ma è tutto il panorama della meteorologia ottocentesca, volta in prevalenza a studi descrittivi con applicazioni in campo agricolo o alla previsione delle burrasche marine, a vivere un cambiamento profondo. Gli Annali dell'Ufficio Centrale, già sospesi dal 1916 al 1920, si chiudono definitivamente con il 1925. La loro eredità è tuttavia raccolta ed ampliata fin dal 1913 dagli Annali Idrologici e da altre pubblicazioni del Servizio Idrografico Italiano (allora Ministero Lavori Pubblici), seppure con speciale riguardo alle osservazioni pluviometriche. Le storiche stazioni della S.M.I. ancora attive vengono rilevate dal Servizio Idrografico stesso (è il caso del Monte dei Cappuccini e di Superga, presso Torino), che per capillarità della rete ed efficienza è preso a modello, negli anni tra le due guerre, dagli analoghi servizi francese e svizzero. Anche il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica allestisce frattanto una rete di osservatori, soprattutto aeroportuali, che nel 1939 raggiunge le 205 unità (anche per il potenziamento militare in vista del nuovo conflitto), contro le 113 del 1983; il Servizio dell'Aeronautica pubblica dunque, dopo averlo rilevato nel 1927 dall'Ufficio Centrale, un Bollettino Giornaliero molto più ampio ed accurato di quello attuale.

Ritornando alla S.M.I., nel 1931 si decide di far confluire l'ormai asfittico Bollettino nella rivista “La Meteorologia Pratica” (fondata nel 1920 dal benedettino Bernardo Paoloni di Montecassino) che diviene l'organo di informazione della Società stessa. Tra i lavori pubblicati su questa rivista spicca una tuttora ineguagliata “Bibliografia meteorologica italiana” curata da G. Boffito e P. Niccolari, uscita a puntate tra il 1923 e il 1940 (!) e purtroppo interrotta alla lettera M. Nel 1938 il Consiglio Direttivo della S.M.I., presieduto da G. B. Rizzo, decide di interrompere la collaborazione con il padre Paoloni e di dare vita alla “Rivista di Meteorologia”, che uscì dal 1939 al 1943. La Seconda Guerra Mondiale segna di fatto l'estinzione della S.M.I. quanto quella de “La Meteorologia Pratica” e, in generale, di qualunque periodico di specifico argomento meteorologico pubblicato in Italia per iniziativa privata.

Fonti: www.nibus.it
Pio Luigi Emanuelli

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