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Terremoti e Strutture - Perché gli edifici crollano?
Autore: ing. Alberto Fortelli - Redazione Campanialive.it
10/07/2009 (letto 8249 volte)
Nel corso di un terremoto gli edifici possono subire gravi danni alla parte strutturale e, in casi estremi, si può giungere al collasso parziale o totale degli stessi.
Un tragico esempio lo abbiamo avuto con il recente forte terremoto in Abruzzo, che ha scosso la zona de L’Aquila in particolare, con danni ingenti e numerose vittime.
Ma perché gli edifici vengono danneggiati dai terremoti?
Partiamo dalla seguente importantissima espressione formale:
F = m * a (Forza = massa * accelerazione)
F = m * a (Forza = massa * accelerazione)
E’ noto dalla fisica che un corpo in quiete rimane in questa condizione sino a che non interviene una azione esterna che ne vada a modificare tale stato: nel caso in esame, questa forza è, in modulo, pari ed equivale alla cosiddetta forza d’inerzia.
In altri termini un corpo si oppone ad una azione esterna con la sua inerzia, sviluppando una resistenza al moto incipiente di intensità correlata alle caratteristiche del moto che su di essa si vuol indurre (in termini di accelerazione) ed alla propria massa.
Cos’è il terremoto
Un sisma si manifesta come una accelerazione del suolo. Prima dell’arrivo del terremoto il nostro edificio è in quiete. Schematizziamo il nostro edificio con un semplice schema strutturale, quello del portale piano (due pilastri verticali deformabili flessionalmente ed una trave orizzontale ad elevata rigidità flessionale), con continuità nei due nodi N1 e N2
Quando giunge il terremoto il suolo inizia a muoversi, a subire delle accelerazioni. Queste accelerazioni, ed i moti che ne conseguono, sono indicativi del transito sul punto di osservazione dei diversi tipi di onde (longitudinali e trasversali). I moti hanno due componenti: una contenuta in un piano verticale e l’altra contenuta in un piano orizzontale. Per semplicità di esposizione (ma anche poiché tale componente è tra le due quella maggiormente temibile) consideriamo solo la componente orizzontale degli spostamenti. All’arrivo della prima onda i punti A e B si spostano in una certa direzione di una certa quantità (consideriamo questa direzione compresa nel piano nel quale giace il portale), portandosi nei punti A’ e B’.
Il punto fondamentale è il seguente: il traverso N1-N2, per la sua inerzia, non segue immediatamente lo spostamento del suolo, facendo si che la struttura si deformi come riportato sul disegno precedente.
E’ facile intuire che la deformazione di cui sopra è perfettamente analoga a quella che si ottiene applicando una forza orizzontale, di verso opposto a quello dello spostamento, in corrispondenza del traverso N1-N2.
In altri termini, possiamo affermare che un terremoto, in termini di azione sulla nostra struttura, è perfettamente analogo alla azione di una forza orizzontale applicata nel baricentro delle masse.
Il fatto che i pilastri si sono deformati ci informa del fatto che la struttura è sottoposta ad uno stato tensionale, o in termini meno strettamente tecnici, che essa risulta sotto sforzo. Peraltro tali sforzi sono di un tipo che la sola azione dei carichi verticali non può generare contemporaneamente (i carichi verticali sono il peso proprio delle strutture ed i sovraccarichi permanenti e/o accidentali).
Il calcolo di una struttura in zona sismica deve, quindi, prendere necessariamente in considerazione questa condizione di carico, quella cioè che prevede l’azione delle forze orizzontali di origine sismica e stabilire, sia in condizioni statiche che dinamiche, quali siano gli stati tensionali che si raggiungono onde poter calcolare le dimensioni delle diverse sezioni strutturali, inserendo in esse le idonee armature in acciaio che consentano 1) di assorbire gli sforzi di trazione che si sviluppano e 2) di conferire alla struttura, al tempo stesso e nel suo insieme, quella elasticità che è necessaria per rispondere adeguatamente alla sollecitazione dinamica, con ottimale distribuzione delle tensioni senza pericolose concentrazioni in poche sezioni.
C’è da evidenziare (e l’esperienza lo conferma) che anche una struttura che viene progettata senza tener assolutamente conto delle azioni sismiche, risulta in grado di resistere all’azione dei terremoti di magnitudo debole o media; ciò è possibile in quanto per un ampio intervallo dei valori inferiori della scala Richter i diagrammi delle tensioni generate dalle altre condizioni di carico (vento+carichi verticali) inglobano (in termini tecnici “inviluppano”) quelli dovuti al sisma di debole o moderata intensità: le sezioni, quindi, resistono egregiamente senza alcun problema. Sotto l’azione di un terremoto di grande intensità, invece, la probabilità di crisi strutturale, dapprima puntuale e poi con interessamento a catena di tutta la struttura, cresce esponenzialmente.
Il collasso di una struttura intelaiata in cemento armato è un processo estremamente complesso: semplificando al massimo il discorso si può affermare che il crollo totale avviene quando in una serie di sezioni strutturali si passa dal campo elastico al campo plastico spinto, si vengono conseguentemente a creare delle lesioni sempre più diffuse (nodi cerniera) sino a che una o più di esse si posizionano in maniera reciproca tale da produrre un cinematismo dei diversi elementi costituenti il telaio.
A questo punto il processo diventa inarrestabile e porta nel giro di pochi secondi alla rovina completa.
Si vuol infine fare un cenno ad un aspetto di enorme importanza, quello del controllo in fase di realizzazione dell’opera. Il progetto può essere tecnicamente ineccepibile e rispettare ogni prescrizione normativa vigente ma se al posto di usare il rapporto A/C (acqua/cemento) indicato dal progettista per i calcestruzzi ed armare le sezioni prevedendo il numero e l’esatto posizionamento dei tondini riportato sulle tavole progettuali, si va a stravolgere completamente il risultato finale, con conseguenze imprevedibili o, meglio, prevedibili nella loro tragicità.
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